Storia

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Gli edifici che compongono il tessuto architettonico della zona di San Secondo costituiscono il risultato tuttora leggibile della pianificazione e costruzione della Torino ottocentesca. Quest’ultima, per il rigido controllo allora vigente sull’edilizia, viene costruita secondo piani settoriali di ampliamento, considerando come asse privilegiato per nuove costruzioni il “viale del Re”, l’attuale corso Vittorio Emanuele II, limitatamente al tratto compreso tra la piazza di Porta Nuova e il Po, mentre viene confermata la destinazione ad uso militare della nostra zona. Successivamente, lo spostamento della «Piazza d'Arme di San Secondo» in un settore attiguo (Carlo Promis 1850-1851) cambia il centro, che diviene Porta Nuova, e la vocazione della zona, che si trasforma in quartiere residenziale con la vendita dei terreni demaniali ai privati. Sorto come attestamento della prima linea ferroviaria per Genova e designato poi come stazione principale di testa per la città, lo scalo ferroviario di Porta Nuova viene valorizzato in occasione dell'unità d'Italia e ricostruito dal 1865 al 1868 su disegno di Alessandro Mazzucchetti e Carlo Ceppi. Conseguente a tale valorizzazione, non è solo la costruzione degli edifici sul «viale del Re», ma anche le prime case realizzate nella zona attigua all'erigenda chiesa di San Secondo, che, con i loro negozi, qualificano la zona non solo come quartiere residenziale, ma anche commerciale. Così, nel 1867, tra i vari proprietari del borgo, si forma un apposito comitato facente capo all'allora arcivescovo di Torino Alessandro Riccardi di Netro, allo scopo di promuovere la costruzione di una chiesa atta a soddisfare le esigenze di culto di una popolazione che diventa ogni giorno più numerosa e stratificata. Pertanto, s'indice un concorso a cui partecipano vari architetti, e la scelta cade sul progetto presentato da Luigi Formento. Il Municipio dà il permesso edilizio il 2 gennaio 1868, concedendo gratuitamente il terreno e accordando il sussidio di trentamila lire da erogarsi in tre rate: la prima quando l'edificio fosse giunto alla copertura del tetto; la seconda quando fosse ultimato; la terza quando venisse inaugurato al culto e aperto al pubblico. Nel 1871 il comitato promotore, non avendo ancora la possibilità di iniziare il lavoro, affida l'impresa a don Giovanni Bosco, il quale accetta l'incarico e riesce a farsi dare dal Municipio l'autorizzazione per il «cominciamento dell'opera» in data 6 maggio 1872. Concesso l'appalto della costruzione all'impresa Fratelli Carlo e Giosuè Buzzetti, don Bosco pone mano all'opera, che prevede di condurre a termine in tre anni. Di concerto con il comitato promotore e con l'autorità ecclesiastica, don Bosco mira, non soltanto a provvedere alle esigenze di culto, ma anche ai bisogni dei giovani, volendo disporre di un oratorio, di un giardino di ricreazione e di scuole diurne e serali. A questo scopo, propone al Fermento una modifica al progetto originale. Il nuovo progetto consisteva in due edifici sovrapposti, quello superiore destinato a uso parrocchiale, quello inferiore adibito a oratorio e scuola diurna e serale. L'escavazione è ormai compiuta e stanno per essere gettate le fondamenta quando, il 19 luglio, giunge a don Bosco l'ordine del sindaco di sospendere i lavori, con la motivazione che il Municipio esige che la chiesa sorga nel «centro dell'isolato concesso senza appendice di altro fabbricato qualsiasi». Don Bosco reagisce a tale intimazione facendo sospendere i lavori, ma non mancando di esporre a parole e per scritto le sue ragioni. Successivamente, venuto a sapere che l'arcivescovo Gastaldi in persona si offre di fabbricare la chiesa alle condizioni poste dal Municipio, il 3 agosto 1873, abbandona l'impresa. Nel gennaio 1874, lo stesso arcivescovo comunica a don Bosco che i lavori di San Secondo sarebbero ripresi secondo il progetto originale del 1868, integrato con due corpi simmetrici ad uso della parrocchia, e lo invita, se non ha più interesse, a ritirarsi. Così fa’ don Bosco. In una lettera datata 21 novembre 1874, monsignor Gastaldi si appella alla carità dei torinesi: «Due ragioni riecheggino che noi facciamo sorgere, ed al più presto, questa nuova Chiesa nella nostra città: l'una è di viva gratitudine che dobbiamo a S. Secondo, ed il bisogno pressante di meritarci il suo patrocinio; l'altra è la necessità imperiosa di una nuova Chiesa parrocchiale nella nuova parte di Torino che è tra lo scalo della ferrovia di Genova e la Piazza d'Armi». 

Primo collaboratore di monsignor Gastaldi nel condurre i lavori di San Secondo è il sacerdote Giovanni Merino, che tuttavia non riesce a raccogliere fondi sufficienti per portare avanti l’opera, cosicché si dimette dall'incarico. Allora, monsignor Gastaldi chiama il parroco di Cinzano, don Giovanni Leone Prato. Sotto la sua guida vigile e costante, i lavori di costruzione della chiesa ricevono un sensibile impulso, finché l’8 dicembre 1879, nella ricorrenza del venticinquesimo anno della definizione del dogma dell'Immacolata, per quanto la parte interna sia ancora piuttosto spoglia, viene celebrata una solenne funzione e inaugurato un busto alla memoria di papa Pio IX, scomparso il 7 febbraio 1878. Finalmente, dopo alterne vicende, si giunge all'ultimazione della chiesa. L'11 aprile 1882, San Secondo viene aperta al culto divino e solennemente consacrata, con il concorso di undici vescovi, da monsignor Celestino Fissore, delegato da monsignor Gastaldi, indisposto.